Nell’area boschiva del Monte Tobbio, a cavallo fra la Liguria e il Piemonte, nelle provincie di Genova e Alessandria, sono presenti, nel 1943, due gruppi di antifascisti raggruppati in modo spontaneo e slegati da legami politici con altre formazioni partigiane già attive in zona.
Il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) genovese entra in contatto con i due gruppi nel tentativo di organizzare ed aggregare le formazioni spontanee alle brigate partigiane operative sul versante ligure.
Il primo gruppo attestato a Pian Castagna aderì al progetto del CLN e venne rafforzato da elementi aderenti al Partito Comunista che di fatto presero il comando del gruppo e si acquartierarono alla cascina “Benedicta” diventando un distaccamento della 3ª Brigata Garibaldi “Liguria”.
Il secondo gruppo attestato sul Monte Porale, detto “Banda di Voltaggio” per i molti giovani “voltaggini” presenti, comandato dal capitano Odino, rifiutò la proposta del CLN non condividendo l’orientamento comunista delle Brigate Garibaldi e rimase isolato alla cascina Roverno.
All’epoca i due gruppi sono formati da circa 15 elementi ciascuno. Verso la fine del 1943 alla Banda di Voltaggio si aggregò un gruppo di operai genovesi comunisti creando nella compagine una situazione di attrito risolta ad inizio del 1944 con la divisione del raggruppamento. La Banda di Voltaggio ritornò nella sua iniziale struttura di impostazione militare e non politica prefigurando la nascita della Brigata Autonoma “Alessandria”. Il resto dei componenti di formazione comunista entrò nella 3ª Brigata Garibaldi “Liguria”.
Il 18 febbraio del 1944 la Repubblica Sociale Italiana emana il cosiddetto “bando Graziani” che intima ai nati fra il 1922 e il 1925 di presentarsi entro il giorno 8 marzo 1944 per essere arruolati nella RSI. Chi non ottempera è considerato disertore e punito con la pena di morte. Il bando ottiene un effetto opposto fra i giovani oggetto della chiamata, la maggior parte entra in clandestinità e aderisce alle formazioni partigiane già operative nei vari territori.
Anche le due Brigate, di stanza sul Monte Tobbio sono investite da questo afflusso e incorporano molti giovani.
Nella Brigata Liguria entrano in prevalenza ragazzi liguri che salgono in montagna dai sobborghi di Genova (Bolzaneto, Rivarolo ….) con il coordinamento del CLN, nella formazione autonoma Alessandria arrivano invece i renitenti provenienti dai paesi di fondovalle del versante piemontese: Serravalle, Novi, Gavi e altri comuni dell’ovadese, tutti ragazzi sotto i 20 anni senza un preciso ideale politico se non il rifiuto di aderire alla RSI, per tanti una scelta volta verso la prospettiva postfascista che si sente vicina.
Alla fine di marzo del 1944 la brigata Alessandria, divisa in tre battaglioni, conta circa 200 uomini in gran parte disarmati e senza nessuna preparazione militare, la brigata Liguria conta circa 570 uomini suddivisi in nove distaccamenti è meglio organizzata ma più della metà degli effettivi è disarmata.
Sono circa 800 uomini in un territorio ristretto, una macchia boschiva con tratti brulli e scarsa possibilità di rifugi naturali, soltanto i cascinali sparsi sui versanti dei rilievi offrono ripari insicuri, le Brigate hanno quindi grandi problemi logistici, di acquartieramento e sussistenza, l’andirivieni dei giovani, specie quelli della “Alessandria”, fra la montagna e i paesi del fondovalle era frequente e depotenziava il carattere di clandestinità fondamentale per la lotta partigiana. Lo scarso armamento era leggero (mitra e moschetti, nessuna mitragliatrice pesante e nessuna arma anticarro) e non era stato possibile addestrare i partigiani alle tattiche di guerriglia. Andava svolto anche un programma di istruzione per fornire ai giovani cresciuti a pane e fascismo, gli elementi di base per formare una coscienza civile e democratica.
In questo quadro di estrema difficoltà operativa e di una evidente mancanza di coesione fra le formazioni prende forma l’azione della RSI per l’annientamento dei “banditi”. Sono i fascisti che attivano la reta di delazione che fornisce le informazioni sui movimenti dei partigiani, sono i fascisti che pressano il comando tedesco affinché predisponga il rastrellamento dell’area e sono sempre parte attiva nell’azione contro i connazionali in clandestinità.
Il 6 aprile 1944 circa 1500 uomini dei battaglioni nazisti, 350 militi fascisti della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR) e alcune decine di bersaglieri della RSI suddivisi in varie colonne accerchiano il Monte Tobbio dai versanti genovese e alessandrino. Le due Brigate sono colte di sorpresa, da tempo avevano informazioni sul possibile rastrellamento ma non avevano predisposto tattiche di disimpegno e strategie per sottrarsi allo scontro diretto insostenibile data la differenza di forze e armamenti in campo. La Brigata “Alessandria” anziché disperdersi in piccoli gruppi ripiegò in blocco verso il comando della “Liguria” alla cascina Benedicta già raggiunta dalla colonna nazifascista. Gran parte dei partigiani furono così fatti prigionieri e rinchiusi proprio nella Benedicta. La caccia all’uomo duro per tutta la notte e all’alba del 7 aprile, Venerdì Santo, un plotone di esecuzione composto da militari italiani fucilò sul posto 97 prigionieri.
Il rastrellamento non si concluse con la fucilazione alla Benedicta, prosegui sino al 12 aprile. Altri 84 partigiani vennero fucilati nelle zone limitrofe; al Passo del Turchino, al Passo Mezzano, a Isoverde, a Voltaggio e a Masone.
Circa 400 ragazzi furono fatti prigionieri, tradotti a Novi e da qui avviati ai campi di sterminio tedeschi, in 200 riescono a fuggire durante il trasporto e 180 non faranno ritorno dai lager tedeschi.
Il tragico bilancio complessivo del rastrellamento del Benedicta è di 361 caduti
fonti :Benedicta 1944/La resistenza in provincia di Alessandria