Scopo di questa sezione, in conformità con l’impegno dell’A.N.P.I. di essere veicolo di trasmissione della memoria, è fornire una sintesi dei fatti che determinarono la nascita e lo sviluppo del fascismo in Italia. ( fonti : Istituto Luce, Storia XXI secolo)
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Le origini
1915 – 26 aprile: Il patto di Londra. L’accordo segreto impegna il governo italiano a entrare in guerra a fianco dell’Intesa (Inghilterra, Francia, Russia) entro un mese. Il 3 maggio l’Italia abbandona la Triplice Alleanza, che la legava alla Germania e all’Impero Austria-Ungarico dal 1882.
1915 – 24 maggio: l’Italia entra in guerra
1916 – 10 giugno: le difficoltà indotte dal conflitto provocano la caduta del governo Salandra. Il nuovo presidente del Consiglio Paolo Boselli forma un governo di unità nazionale
1917 – 8 marzo: la Russia, scesa in guerra contro il blocco Germania e Impero Austro-Ungarico, vive una disastrosa situazione economica che sfocia nei moti rivoluzionari. l’Impero Zarista viene abbattuto, nasce l’Unione Sovietica, che negozia l’armisti
zio con Germania e Austria ed esce dal conflitto.
1918 – 4 novembre: l’Austria firma l’armistizio che pone fine alle ostilità e sancisce la vittoria dell’Italia e degli alleati dell’Intesa.
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La nascita del Fascismo
1919 – 23 marzo: A Milano vengono fondati i Fasci di combattimento. Il movimento, in gran parte reduci di guerra, manifesta carattere violento, nazionalista e antisocialista.
1919 – giugno/ottobre: Si susseguono manifestazioni contadine e operaie per la grave situazione economica post-bellica. Ha inizio il cosiddetto “Biennio Rosso”
1920 – agosto/settembre: Al culmine delle proteste, gli operai delle grandi fabbriche occupano, in armi, gli stabilimenti in tutto il Paese. Si delinearono due blocchi, da una parte gli operai con lo sciopero ad oltranza, dall’altra i proprietari, che adottarono la serrata come reazione alle richieste operaie. Dopo alcuni mesi di trattative sugli aumenti salariali, sempre respinti dalla Confederazione Generale dell’Industria, si ritornò all’inasprimento dei contrasti. Mentre il Partito Socialista tentava la trattativa con il governo presieduto da Giolitti, gli industriali e i latifondisti, più pragmatici, cominciarono a garantire il loro appoggio economico alle squadracce fasciste. Così agli scioperi agrari e dei metallurgici gli industriali e i latifondisti risposero con la violenza dei fasci di combattimento. Le squadre di camicie nere intervennero per spezzare gli scioperi aggredendo i partecipanti, pestando deputati e simpatizzanti socialisti. A novembre, in occasione dell’insediamento del nuovo sindaco di Bologna, un socialista di estrema sinistra, partirono pistolettate e bombe a mano che provocarono la morte di nove persone nella piazza, mentre un consigliere nazionalista venne ucciso in pieno Consiglio comunale. Le spedizioni punitive estesero il loro raggio d’azione alla Toscana, al Veneto, alla Lombardia e all’Umbria. Vennero assaltate le Case del Popolo, le sedi delle amministrazioni comunali socialiste e le leghe cattoliche. In Venezia Giulia giovani squadristi assalirono e incendiarono le sedi di associazioni e giornali sloveni. Prefetti, commissari di polizia e comandanti militari tolleravano e in alcuni casi agevolavano le “operazioni” dei fascisti contro il ‘sovversivismo rosso’. “Sono dei fuochi d’artificio, che fanno molto rumore ma si spengono rapidamente“, disse Giolitti minimizzando il problema.
1920 – novembre: Termina il “Biennio Rosso”. Giolitti rifiutò di far intervenire la polizia e l’esercito nelle fabbriche e aspettò che il movimento si esaurisse da sé, che terminassero le scorte di materie prime nei magazzini delle aziende occupate, che gli stessi operai si rendessero conto che l’occupazione non portava a nulla. Nello stesso tempo favorì le trattative fra gli industriali e sindacati e, praticamente, obbligò gli industriali a concedere ai lavoratori i miglioramenti di salario richiesti. Così all’inizio di ottobre del 1920 Giolitti riuscì a far accettare un compromesso tra le parti sociali. Le agitazioni operaie ebbero in conclusione risultati economici positivi: i lavoratori ottennero miglioramenti nel salario e nelle condizioni di lavoro; la durata massima della giornata lavorativa passò da 10-11 ore a 8 ore. Ebbero tuttavia anche degli effetti politici negativi, perché spaventarono fortemente la borghesia: non solo i grandi proprietari di industrie o di terre ma, ancora di più, il ceto medio, i piccoli borghesi che cominciavano a costituire una classe sociale decisamente numerosa. Il timore di una possibile rivoluzione li avrebbe presto spinti ad appoggiare il fascismo di Benito Mussolini. Così come fece la classe politica liberale
1921 – 21 gennaio: Il congresso di Livorno – Il gruppo dirigente del Partito Socialista Italiano respinge l’invito della Terza Internazionale a cambiare nome e ad espellere i riformisti. La frazione comunista guidata da Gramsci e Bordiga esce dal partito e fonda il PCD’I, il Partito Comunista d’Italia.
1921 – 15 maggio: Le elezioni politiche confermano i partiti di massa socialista e popolare ma, i fascisti, in lista con liberali e nazionalisti nei blocchi nazionali, ottengono 35 seggi. Fu lo stesso Giolitti a favorirne l’ascesa infatti, cercando di normalizzare i fascisti nella normale prassi parlamentare, li inserì nei Blocchi nazionali da opporre ai partiti di massa (popolare, socialista, comunista). Fra gli eletti c’è anche Benito Mussolini. Gli scontri proseguono nelle settimane successive e il 21 giugno, nel suo primo discorso in aula, Mussolini sostiene che «sul terreno della violenza le masse saranno battute». Il Biennio Rosso fu quindi l’incubatore di due tendenze opposte, entrambe nate da una scissione del partito socialista: il rivoluzionarismo di stampo bolscevico, che poi si concretizzerà nella fondazione, avvenuta nel gennaio del 1921, al Congresso di Livorno, del P.C.d’I., un soggetto politico destinato a lasciare un’indelebile impronta nella vita italiana, e il fascismo reazionario e violento, altrettanto determinante per la storia d’Italia nel XX secolo.
1921 – giugno/luglio: Vengono fondati gli “Arditi del popolo” organizzazione paramilitare antifascista che si contrappone ai fasci di combattimento
1922 – 28 ottobre: La marcia su Roma. Il 16 ottobre 1922, venne costituito il quadrumvirato che avrebbe diretto l’insurrezione, formato da De Vecchi, De Bono, Balbo e Bianchi. Il 24 ottobre arrivò il proclama ufficiale di Mussolini: “O ci daranno il governo o lo prenderemo calando a Roma“. Secondo i piani, il quadrumvirato avrebbe assunto nella notte tra il 26 e il 27 i pieni poteri. Le bande destinate a marciare sulla capitale (26.000 uomini) furono inquadrate in quattro colonne (una di riserva e tre concentrate a Santa Marinella, Monterotondo e Tivoli) e cominciarono a muovere verso Roma il 27. Mussolini rimase a Milano in attesa degli sviluppi della situazione a livello governativo. Tra il 27 e il 28 ottobre 1922, il presidente del consiglio Luigi Facta, richiamato il re da San Rossore (Pisa) a Roma, convocò il Consiglio dei ministri per predisporre il decreto di stato d’assedio, che dava pieni poteri al governo per disperdere i fascisti con l’esercito. Il generale Pugliese, capo del territorio di Roma, predispose, con i suoi 28.000 uomini, la difesa della capitale. La mattina del 28 le bande fasciste vennero temporaneamente fermate a Civitavecchia, Orte, Avezzano e Segni. Vittorio Emanuele III, che alle due del mattino aveva espresso il suo accordo con la decisione del governo, quando di prima mattina ricevette Facta con il decreto (che era già stato affisso nelle strade della capitale), anche perché influenzato dal parere negativo di Salandra e di Giolitti, si rifiutò di firmarlo. Caduto Facta, il re propose a Mussolini un ministero con Salandra, ma il duce rifiutò sostenendo la richiesta di un governo interamente fascista. Il 29 ottobre Vittorio Emanuele cedette e chiese formalmente a Mussolini di formare il nuovo esecutivo. Quando i fascisti entrarono a Roma, era già tutto deciso. Nonostante la successiva mitizzazione della “marcia”, essa fu essenzialmente una parata: le squadre fasciste, infatti, giunsero nella capitale 24 ore dopo che Mussolini aveva già ricevuto l’incarico di formare il nuovo governo. Lo stesso duce arrivò a Roma in vagone-letto da Milano la mattina del 30 ottobre e la sera salì al Quirinale per sottoporre al re la lista dei suoi ministri. Vissuto in forma minoritaria e marginale fino all’inizio del 1921, il fascismo si inserì nel vuoto di potere e nella crisi dello Stato liberale mediante la violenza e le spedizioni punitive delle “squadre d’azione” – spesso tollerate dalle autorità locali e in alcuni casi perfino appoggiate da esercito e polizia – contro Case del Popolo, sezioni socialiste e amministrazioni comunali rosse. Con le parole d’ordine del nazionalismo e dell’anti-socialismo, il movimento di Benito Mussolini raccolse in breve tempo il largo consenso sia di ex-combattenti, agrari a media borghesia urbana, sia dei centri di potere degli industriali e dell’alta borghesia (di qui la tesi secondo la quale l’avvento del fascismo avrebbe avuto la funzione di impedire la presa del potere da parte dei socialisti in Italia, accreditata anche dal fatto che le forze conservatrici europee inizialmente guardano con un certo favore all’ascesa di Mussolini). Quando Mussolini andò al potere, buona parte della classe politica liberale era convinta che sarebbe durato poco. Lo stesso Giolitti, del resto, inserendo i fascisti nei Blocchi Nazionali – l’alleanza elettorale per il rinnovo del Parlamento del maggio 1921 – si era illuso di poterne sfruttare la forza contro l’esuberanza della classe operaia, per poi far rientrare gli squadristi nella legalità. Il fascismo invece si stava rapidamente costituendo come una vera e propria struttura statuale alternativa e quindi in grado di sostituirsi al modello liberale in decomposizione. Cominciava il lungo Ventennio della dittatura fascista
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L’Italia Fascista
1923 – 21 luglio: La Camera approva la nuova legge elettorale Acerbo che riconosce due terzi dei seggi alla lista che ottiene la maggioranza relativa.
1923 – Subito dopo l’avvento di Mussolini, la presenza italiana in Libia fu consolidata: fu ampliata l’occupazione della Tripolitania settentrionale e della Tripolitania meridionale, mentre una dura repressione fu avviata in Cirenaica, guidata con successo dal generale Graziani.
1924 – 10 giugno: Il delitto Matteotti. A Roma il deputato socialista Giacomo Matteotti viene rapito da sicari fascisti guidati da Amerigo Dumini. Il sequestro di Matteotti, il quale qualche giorno prima ha denunciato in Parlamento i brogli elettorali e le violenze fasciste, sconvolge l’opinione pubblica. Le opposizioni si rifiutano di partecipare ai lavori parlamentari, dando vita alla Secessione dell’Aventino, e tutto il Paese è scosso da un’ondata di manifestazioni e proteste, che si moltiplicano dopo il ritrovamento del cadavere di Matteotti nel bosco della Quartarella in agosto.
1925 – 24 dicembre: Vengono ampliati i poteri del capo del governo, che non è più responsabile del proprio operato davanti al Parlamento, ma solo davanti al re. È la prima di una serie di leggi eccezionali grazie alle quali, nell’arco di pochi mesi, il Fascismo plasma le istituzioni nazionali in funzione del suo progetto totalitario. Il 31 dicembre viene approvata la legge sulla stampa, che pone di fatto i giornali e le riviste sotto il controllo dei prefetti.
1926 – 4 febbraio: La figura del podestà nominato direttamente dal governo sostituisce le istituzioni municipali elettive (sindaco e consiglio comunale).
1926 – 3 aprile: È istituita l’Opera Nazionale Balilla (ONB), per l’inquadramento paramilitare dei bambini e dei ragazzi fino a 17 anni, mentre i Gruppi Universitari Fascisti (GUF) organizzano gli studenti sotto il diretto controllo del partito fascista.
1926 – 6 novembre: Vengono sciolti tutti i partiti e le associazioni di opposizione, è reintrodotta la pena di morte e sono istituiti il confino e il Tribunale speciale per la difesa dello Stato.
1928 – 16 marzo: La riforma della rappresentanza politica. La Camera approva il provvedimento che riserva al Gran Consiglio del Fascismo il compito di designare una lista unica di 400 deputati, che l’elettorato può soltanto confermare o respingere.
1928 – agosto: Italia ed Etiopia stipularono un trattato di amicizia ed una convenzione stradale. Fu completata la conquista della Somalia, fino a quel momento limitata alla parte centrale del Paese.
1929 – 11 febbraio: I Patti lateranensi. La Chiesa cattolica riconosce lo Stato italiano, il quale si impegna a versare al Vaticano una consistente indennità, come risarcimento della perdita dei domini dello Stato pontificio, e a sancire la posizione privilegiata della religione cattolica rispetto alle altre confessioni: vengono introdotte misure come la validità del matrimonio cattolico agli effetti civili e l’insegnamento della dottrina cattolica nelle scuole pubbliche.
1930 – 8 ottobre: Sono istituiti i Fasci giovanili di combattimento, per l’inquadramento dei giovani dai 18 ai 22 anni.
1931 – 8 ottobre: Ai docenti universitari viene imposto, in quanto dipendenti dello Stato, il giuramento di fedeltà al regime fascista. Dodici professori ordinari su 1.250 si rifiutano di giurare.
1933 – 23 gennaio: Nasce l’Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI), che assicura allo Stato il controllo diretto di alcune importanti imprese italiane.
1934 – 14 giugno: A Venezia il primo incontro tra Mussolini e il neocancelliere tedesco Adolf Hitler
1935 – giugno/ottobre: Il sottosegretariato di Stato per la stampa e la propaganda diventa un ministero. Due anni dopo assumerà la denominazione di Ministero per la cultura popolare (Min. Cul. Pop).
1935 – 3 ottobre: Campagna militare d’Etiopia. Il pretesto per l’avvio delle operazioni militari, e il superamento del trattato di amicizia, fu offerto il 5 dicembre 1934 da un incidente presso la località di Ual-Ual. L’imperatore d’Etiopia, Hailè Selassiè si rivolse alla Società delle Nazioni ma Inghilterra e Francia, che non volevano alienarsi l’appoggio di Mussolini nel nuovo scenario politico d’Europa, impedirono di fatto che l’azione italiana fosse ostacolata. Solo in un secondo la Società delle Nazioni approvò una serie di sanzioni economiche contro l’Italia. Il 2 ottobre 1935 Mussolini annunciò l’inizio di una guerra senza alcuna causa plausibile, rispolverando come giustificazione la bruciante sconfitta subita dall’Italia alla fine del secolo precedente «Con l’Etiopia abbiamo pazientato quaranta anni! Ora basta!». Il 3 ottobre le truppe italiane invasero l’Etiopia dall’Eritrea, occupando in breve tempo Adua, Axum, Adigrat, Macallè. A metà novembre la direzione delle operazioni fu affidata al generale Pietro Badoglio, che, dopo aver affrontato la controffensiva etiopica, entrò ad Addis Abeba il 5 maggio 1936. Il 9 maggio 1936 Mussolini poté proclamare la costituzione dell’Impero italiano di Etiopia, attribuendone la corona al Re d’Italia Vittorio Emanuele III.
1936 – 23 marzo: L’autarchia. Mussolini annuncia l’avvio di una politica economica mirata all’autosufficienza, in particolare per quanto riguarda i beni di consumo di prima necessità e la produzione di interesse bellico. Si diffondono i surrogati dei prodotti d’importazione.
1936 – 17 luglio: Inizia la guerra civile spagnola. Pochi giorni dopo l’Italia e la Germania nazista cominciano a inviare uomini e mezzi in aiuto ai militari nazionalisti di Francisco Franco.
1936 – 24 ottobre: L’Asse Roma-Berlino. Italia e Germania stipulano un accordo in chiave antibolscevica, esprimendo il sostegno reciproco ai rispettivi piani di politica estera.
1937 – 17 ottobre: È istituita la Gioventù italiana del Littorio (GIL), che accorpa tutte le organizzazioni giovanili precedentemente create dal regime, sotto il controllo diretto del segretario del Partito Fascista. Il motto della nuova organizzazione è «Credere – obbedire – combattere».
1938 – 14 luglio: Il 14 luglio 1938 viene pubblicato il Manifesto degli scienziati razzisti, che proclama la superiorità della «razza italiana».
1939 – 23 marzo: Inaugurazione della Camera dei fasci e delle corporazioni, che sostituisce la Camera dei deputati.
1939 – aprile/maggio: L’Italia invade l’Albania e consolida l’alleanza con la Germania firmando il Patto d’acciaio
1939 – 2 settembre: Allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, l’Italia dichiara la propria «non belligeranza».
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La guerra Fascista
1940 – 10 giugno: L’Italia entra in guerra contro Inghilterra e Francia al fianco della Germania. Mussolini dal balcone di Palazzo Venezia a Roma comunica l’entrata in guerra:” Combattenti di terra, di mare e dell’aria! Camicie nere della rivoluzione e delle legioni! Uomini e donne d’Italia, dell’Impero e del regno d’Albania! Ascoltate! Un’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra patria. L’ora delle decisioni irrevocabili. La dichiarazione di guerra è già stata consegnata agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia….”
1940 – giugno /ottobre: L’Italia attacca la Francia e in Egitto muove contro l’Inghilterra. A settembre firma il Patto Tripartito con Germania e Giappone è l’Asse Roma-Berlino-Tokyo. Il 28 ottobre l’Italia attacca la Grecia. La controffensiva dei greci costringe ben presto le truppe italiane alla ritirata.
1941 – 6 aprile: Adis Abeba viene occupata dalle truppe Inglesi. Inizia la disfatta dell’Impero fascista.
1941 – giugno: Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, due antifascisti confinati nell’isola di Ventotene, scrivono Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto. E’ il manifesto che pone le basi per un’Europa federalista.
1941 – 10 luglio: Mussolini invia in Unione Sovietica il Corpo di spedizione italiano in Russia (CSIR), che conta oltre 60.000 uomini
1942 – luglio/dicembre: Il CSIR arriva ad un organico di 220.000 uomini e diventa l’Armata italiana in Russia (ARMIR). Ma gli ultimi mesi del ’42 sono duri per l’esercito italiano. Le truppe nazifasciste vengono sconfitte dagli inglesi ad El Alamein e a dicembre inizia la ritirata di Russia. L’ARMIR viene accerchiata dall’Armata rossa ed è costretta a ripiegare. Altissime le perdite italiane: 11.000 morti, 64.000 dispersi.
1943 – 9 luglio: le truppe angloamericane sbarcano in Sicilia
1943 – 25 luglio: il Gran Consiglio del Fascismo destituisce Mussolini. Alle ore 17, Mussolini si reca a Villa Savoia per riferire al Re l’esito del voto del Gran Consiglio del Fascismo. Il colloquio dura appena venti minuti. Vittorio Emanuele III comunica al dittatore, Presidente del Consiglio, che il voto dei gerarchi lo ha indotto a nominare il Maresciallo Pietro Badoglio quale suo successore al vertice del Governo. Nel cortile di Villa Savoia Mussolini viene arrestato dai carabinieri. Alle ore 22,15 del 25 luglio 1943 gli italiani apprenderanno dalla radio che il fascismo è crollato.
1943 – 26 agosto: Mussolini è internato sul Gran Sasso, in località Campo Imperatore.
1943 – 8 settembre: L’Italia firma l’armistizio con le truppe alleate
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La caduta del fascismo e la fine della monarchia
1943 – 9 settembre: A Roma si costituisce il Comitato di liberazione nazionale (CLN). Vi sono rappresentati Partito Comunista, Partito Socialista di Unità Proletaria, Partito d’Azione, Democrazia Cristiana, Partito Liberale e Democrazia del Lavoro. I Comitati di liberazione nazionale si diffonderanno capillarmente sul territorio. Nella parte settentrionale del Paese, occupata dai tedeschi, si costituiscono le prime formazioni partigiane. La famiglia reale, Badoglio, lo stato maggiore dell’esercito e alcuni esponenti del governo scappano da Roma rifugiandosi a Brindisi, gli Alleati sbarcano a Salerno e Il 27 gli angloamericani occuperanno Napoli, già liberata dai tedeschi dall’insurrezione popolare (le “quattro giornate di Napoli”).
1943 – settembre: eccidio delle Fosse del Natisone. Nella sede della caserma “Principe di Piemonte”, a Cividale del Friuli, requisita dai tedeschi immediatamente dopo l’8 settembre, vengono torturate, massacrate e fucilate centinaia di persone, senza nessuna parvenza di processo. il primo martire fu l’operaio di 24 anni Antonio Rieppi, ucciso il 2 ottobre. I corpi venivano gettati nel fiume Natisone, che scorre lungo il muro della caserma. A liberazione avvenuta furono esumate 105 salme di partigiani, soldati e civili fucilati dai tedeschi della Pz.Kp. della 24ª Waffen-Gebrings “Karstjager” delle SS, di cui pochissime identificate. Sconosciuto il numero totale dei Martiri.
1943 – 12 settembre: La liberazione di Mussolini (operazione Quercia). Un gruppo di paracadutisti tedeschi libera Mussolini. Il duce verrà portato a Pratica di Mare da dove volerà alla volta di Vienna prima e poi di Monaco. Il 14 settembre, prima di far rientro in patria, Mussolini incontra Hitler a Rastenburg.
1943 – 14 settembre: L’eccidio di Cefalonia. I soldati della divisione italiana Acqui rifiutano di consegnare le armi ai tedeschi. In seguito alla loro resa incondizionata dopo giorni di lotta, i comandi tedeschi, ordinano una violenta rappresaglia. Tra i morti in battaglia e le fucilazioni sommarie, i caduti sono più di seimila. Oltre a Cefalonia, episodi di resistenza ai tedeschi da parte di militari italiani nel Mar Egeo si registrano anche a Corfù, Zacinto e Leucade
1943 – 15 settembre: Mussolini annuncia via radio la ricostituzione del regime fascista in forma repubblicana, che assumerà la denominazione di Repubblica Sociale Italiana (RSI). La Repubblica di Salò è di fatto uno stato fantoccio i cui confini corrispondono ai territori controllati dalla forze tedesche. Dal punto di vista formale la scelta repubblicana rappresenta la volontà di Mussolini di ritrovare le origini sociali, repubblicane e rivoluzionarie del fascismo; egli è convinto del fatto che la sconfitta e la caduta del regime siano imputabili esclusivamente alla monarchia e al progressivo abbandono, nel corso degli anni, dell’ideologia originale del fascismo, quella riconducibile al programma di San Sepolcro della primavera del 1919.Con l’annuncio fatto da Radio Monaco il dittatore è stato esplicito a tale proposito:“Lo Stato che noi vogliamo instaurare sarà nazionale e sociale nel senso più lato della parola: sarà cioè fascista nel senso delle nostre origini.” In realtà, però la RSI si mostra, sin dal principio, come un protettorato della Germania; totalmente subordinato alle direttive di Berlino e privo di qualsiasi tipo di autonomia, I circa 800 mila giovani che si arruolano nella Repubblica di Salò iniziano ad essere impiegati dai tedeschi per operazioni di rastrellamento di ebrei e di repressione delle prime forme di Resistenza armata al nazi-fascismo. La RSI si organizzo militarmente con le seguenti formazioni : Esercito Forza dichiarata 300.000 uomini, con le divisioni Littorio (Granatieri), Monterosa (Alpini), San Marco (Truppe da sbarco), Italia (Bersaglieri). Marina Repubblicana Forza dichiarata: 26000 uomini. Aeronautica Repubblicana Forza dichiarata: 79000 uomini. Guardia nazionale repubblicana GNR (ex Milizia, comandante Renato Ricci). Forza dichiarata: 140-150 mila uomini. Costituita il 20 novembre 1943, fu la «superpolizia del partito», dal dicembre 1943 incorporò anche i carabinieri rimasti. Decima Mas (comandante principe Junio Valerio Borghese). Forza dichiarata: 10.000 uomini. Fondata da Borghese a La Spezia il 9 settembre 1943, fu riconosciuta dalla Germania il 14 settembre con un vero e proprio accordo italo-tedesco (fu l’unico corpo armato italiano nato prima della costituzione della RSI). Il nucleo originario (100 marò e una trentina fra sommergibilisti e arditi incursori) raccolse oltre 4000 marinai e volontari che vennero divisi in 6 battaglioni di fanteria di marina (Barbarigo, Fulmine, Freccia, Valanga, Sagittario, Lupo). Brigate nere (comandante il segretario del PFR Alessandro Pavolini) Forza dichiarata: 110.000 uomini. Le Brigate nere vennero create il 30 giugno 1944 trasformando il Partito fascista in organismo militare; vi dovevano appartenere «tutti gli iscritti al Partito fascista repubblicano di età fra i 18 e i 60 anni, non appartenenti ad altre forze ausiliarie». Le Brigate nere erano 39, ognuna corrispondente a una provincia. Ciascuna portava il nome di un caduto fascista: furono destinate esclusivamente alla lotta contro i partigiani. Legione autonoma mobile Ettore Muti (comandante il «colonnello» Francesco Colombo). Forza dichiarata: 2300 uomini. Costituita nel gennaio-febbraio 1944, la Muti aveva sede a Milano nella caserma Solinas ed era composta da due unità: il battaglione mobile che operava nelle vallate per i rastrellamenti e quello che presidiava Milano. Il reparto era noto per le torture ai prigionieri, le estorsioni e i saccheggi. Servizio Ausiliario Femminile 5500 donne. Sorse ufficialmente il 18 aprile 1944 per sopperire a molteplici compiti: servizi ospedalieri, amministrativi, logistici, assistenziali, posti di ristoro e protezione antiaerea. Le SS italiane Un corpo di circa ventimila italiani che operò dalla fine del ’43 all’aprile del ’45. Non è inquadrabile nelle forze armate della RSI. Al momento dell’arruolamento, infatti, le SS italiane non giuravano fedeltà al rinato fascismo della repubblica sociale, ma alla Germania nazista e al suo capo Adolf Hitler.
1943 – 19 settembre: L’eccidio di Boves. In seguito all’uccisione di un soldato tedesco, a Boves, nel cuneese, le SS uccidono per rappresaglia 23 civili e danno alle fiamme l’abitato. Tra la fine di dicembre e l’inizio del nuovo anno i tedeschi incendieranno nuovamente il paese e trucideranno altre 52 persone (36 civili e 16 partigiani).
1943 – 1° ottobre: Le quattro giornate di Napoli. Napoli, tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre del 1943, divenne la prima città d’Europa a essersi liberata da sola dai nazifascisti, era una città completamente trasformata e quasi interamente devastata dal secondo conflitto mondiale. Principale porto d’imbarco per le truppe e i materiali destinati ai fronti africani, Napoli era stata sottoposta, tra 1940 e 1943, a decine e decine di bombardamenti; la città, ridotta in macerie e alla fame, costretta a vivere perlopiù nei ricoveri, percepì chiaramente l’incapacità del regime, al di là della propaganda, di proteggere la popolazione, finendo con l’allentare progressivamente il consenso, pur precedentemente dimostrato, al fascismo. Il distacco dal regime e dalla sua guerra si fece più evidente dopo l’esautorazione di Mussolini, nei quarantacinque giorni che, tra il 25 luglio e l’8 settembre 1943, non diedero comunque tregua alla città, sottoposta alle devastanti incursioni dell’agosto e alla repressione governativa delle prime, embrionali, forme di organizzazione antifascista o di protesta popolare.Passata alla storia come “le Quattro Giornate di Napoli”, la resistenza cittadina si sviluppò, in realtà, lungo tutto il mese di settembre del 1943, mescolando momenti insurrezionali e modalità di lotta: dai primi atti di reazione di reparti militari nella prima metà del mese, si passò alla forma della resistenza civile e collettiva, concretizzatasi nell’aiuto e nella protezione agli uomini che i tedeschi volevano deportare. Erano gli uomini che non avevano risposto al bando di reclutamento, dando vita a una forma di disubbidienza di massa che può a ragione essere inserita nelle modalità di resistenza che caratterizzarono il Mezzogiorno e l’Italia in quel periodo. I massicci rastrellamenti che i tedeschi tentarono di operare dal 26 settembre, diedero il via all’insurrezione collettiva della popolazione; un’insurrezione che si mosse con i sistemi della guerriglia urbana, che vide la partecipazione di uomini e donne, civili e militari, giovani ma soprattutto adulti, di ogni ceto sociale, in ogni quartiere, centrale e periferico, della città. In breve – sono quelli della brevità, i tempi della resistenza meridionale, ma questo, oltre che un dato di fatto, è probabilmente un merito – si organizzò un comando insurrezionale che ebbe varie ramificazioni e funse, anche, da coordinamento politico della lotta. Quattro giorni servirono alla popolazione di Napoli per mandar via dal proprio territorio nazisti tedeschi e fascisti italiani, e consegnare agli Alleati, il 1° ottobre 1943, una città libera. Considerate da sempre momento iniziale della lotta di Liberazione nazionale, le Quattro Giornate di Napoli sono in realtà la dimostrazione di come le popolazioni meridionali seppero agire da protagoniste nella liberazione nazionale.
1943 – 1° ottobre: Eccidio di Acerra. La popolazione di Acerra diede vita ad azioni di contrasto contro le truppe tedesche e subì una serie di criminali rappresaglie. Molte case dell’abitato di Acerra vennero messe a ferro e fuoco. Donne, anziani, e bambini vennero trucidati. Il numero dei morti è stato di circa 110 vittime. La strage fu compiuta da diversi reparti della Fallschirm-Panzer-Division 1 “Hermann Göring” nazista.[1]
1943 – 4 ottobre: Eccidio di Pisino. Dopo l’8 settembre 1943 i partigiani jugoslavi presero il controllo della città. I nazifascisti organizzarono l’operazione Nubifragio e, dopo aver pesantemente bombardato la città il 4 ottobre, il giorno dopo le truppe tedesche occuparono la città, uccidendo complessivamente 157 persone.
1943 – 7 ottobre: Eccidio di Bellona. Alle ore sei del 7 ottobre, squadre di Nazisti bloccarono le strade della Città ed iniziarono il rastrellamento catturando circa 200 persone. Furono inquadrati e portati nella vicina cappella di S. Michele Arcangelo con la scusa di essere avviati ai lavori. Il primo gruppo di dieci persone uscì dalla Cappella e, scortati da due nazisti, attraversò Via Della Vittoria, raggiungendo la cava di tufo sita alla periferia a nord della Città, dopo essere stati spinti sul ciglio, il plotone di esecuzione eseguì, la condanna a morte. I corpi erano scaraventati nella cava profonda circa 25 metri. Dopo la prima esecuzione, altri dieci seguirono la stessa sorte e così di seguito sino a raggiungere il numero di 54 vittime.
1943 – 16 ottobre: La razzia del ghetto di Roma. Due giorni dopo mille ebrei vengono stipati su un convoglio diretto ad Auschwitz. È la prima deportazione massiccia di ebrei dall’Italia.
1943 – 12 novembre: Eccidio di Pietransieri. Fu compiuto dalle forze di occupazione naziste a Pietransieri, frazione del comune di Roccaraso (provincia dell’Aquila). In località bosco di Limmari i soldati tedeschi trucidarono 128 persone inermi, di cui 60 donne, 34 bambini al di sotto dei 10 anni, e molti anziani, senza motivazioni documentate, ma per il semplice sospetto che la popolazione civile sostenesse i partigiani.
1943 – 28 dicembre: La fucilazione dei fratelli Cervi. I sette fratelli partigiani, arrestati nei giorni precedenti, vengono fucilati senza processo al poligono di tiro di Reggio Emilia, come rappresaglia per l’uccisione del segretario comunale di Bagnolo in Piano.
1944 – 18 marzo: Eccidio di Monchio. «Sono le sette del mattino quando comincia il saccheggio e l’orribile strage. Entrano nelle case, spezzano le stoviglie e mandano in frantumi i vetri con i grossi fucili; fanno uscire le donne e i bambini, fanno una scorreria nelle camere, rubano qua e là ciò che loro aggrada, scaricando gli uomini che avevano nel frattempo tenuti fermi sotto la minaccia delle armi e quindi li avviano alla piazzetta in prossimità del cimitero vecchio dove vennero passati per le armi» (testimonianza di Don Luigi Braglia). Alla fine di questa tragica giornata nell’appennino modenese si conteranno 129 cadaveri: 71 a Monchio, 34 a Costrignano e 24 a Susano cui si devono aggiungere 7 civili uccisi senza apparente motivo nei giorni immediatamente prima e dopo la strage che portano il totale a 136 morti.
1944 – 24 marzo: Eccidio delle Fosse Ardeatine. Per ordine del comandante delle SS Herbert Kappler, 335 detenuti politici civili vengono prelevati dalle carceri e fucilati presso le cave minerarie della via Ardeatina a Roma. È una feroce rappresaglia in risposta all’attacco sferrato il giorno prima in via Rasella dai partigiani dei GAP, durante il quale erano rimaste uccise 33 SS sudtirolesi.
1944 – 7 aprile: Eccidio della Benedicta. La “Benedicta” (750 circa s.l.m.) appartiene amministrativamente al Comune di Bosio in provincia di Alessandria ed è situata nel Parco Naturale delle Capanne di Marcarolo. Il 7 aprile 1944 ingenti forze nazifasciste rastrellarono l’area e colpirono duramente i partigiani, la maggior parte giovani renitenti al bando Graziani, impossibilitati a difendersi per la mancanza di un adeguato armamento e di esperienza militare. Il rastrellamento proseguì per tutto il giorno e nella notte successiva. Molti partigiani, sfruttando la conoscenza del territorio, riuscirono a filtrare tra le maglie del rastrellamento, ma per centinaia di loro compagni non ci fu scampo. In diverse fasi i nazifascisti fucilarono 147 partigiani, altri caddero in combattimento; altri partigiani, fatti prigionieri, furono poi fucilati, il 19 maggio, al Passo del Turchino. Altri 400 partigiani furono catturati e avviati alla deportazione (quasi tutti a Mauthausen), ma 200 di loro riuscirono fortunosamente a fuggire, mentre i loro compagni lasciarono la vita nei campi di concentramento
1944 – 13 aprile: Eccidio di Vallucciole. Il 12 aprile il maggiore von Loeben al comando di 800 uomini del 1º reggimento Flak della divisione Herman Göring giunse a Stia, dove alle ore 3:00 del mattino del giorno dopo diede ordine di fare terra bruciata e massacrare tutta la popolazione civile della valle, inclusi anziani, donne e bambini. Furono così uccise 14 persone a Giuncheto, 6 a Molino di Bucchio, una a Santa Maria, una al Molinuzzo, 12 donne e 4 bambini a Serelli, 17 persone a Vallucciole, due nelle fattorie della Campana e della Canonica, 27 persone a Monte di Chianni, 6 persone a Moianno, dove sequestrarono anche un gruppo di donne, una delle quali di appena 17 anni fu stuprata da un branco di 4-5 tedeschi, nonostante le suppliche della madre che fu fucilata; altre donne vennero stuprate e poi uccise.Dopo essersi concentrati verso il Monte Falterona, trascinandosi circa una trentina di ostaggi, i tedeschi tentarono un’operazione antipartigiana, ma senza esito. Ritornati a valle, fra Molino di Bucchio e Giuncheto, iniziarono a uccidere i tutti i prigionieri, fingendo di rilasciarli ma poi fucilandoli alle spalle mentre si allontanavano. Globalmente, nella giornata del 13 aprile 1944, vennero uccise 105 persone. Il 15 aprile vennero seppellite le vittime di Vallucciole. Il 17 aprile 1944 vennero fucilati a Stia 17 partigiani.
1944 – 15 aprile: Giovanni Gentile è ucciso dai partigiani dei GAP di Firenze. Giuseppe Gentile nasce a Castelvetrano, in provincia di Trapani, il 29 maggio 1875. Dopo il liceo riesce ad entrare alla Scuola normale superiore di Pisa, dove ha i primi contatti con il pensiero hegeliano e con Benedetto Croce, con cui nasce un’amicizia duratura. La laurea conseguita nel 1897 segna l’inizio di una brillante carriera universitaria che lo porta a ricoprire il ruolo di docente di Filosofia in diverse importanti università italiane. L’inizio del nuovo secolo segna un periodo di grande impegno e grandi realizzazioni per Gentile, che comincia ad imporsi come intellettuale di rilievo nel panorama italiano anche attraverso la collaborazione con l’amico Benedetto Croce, insieme al quale dà vita alla rivista La Critica, in cui si occupa di storia della filosofia. Gli anni ’10 segnano un periodo di svolta nella vita del filosofo: la pubblicazione di L’atto del pensiero come atto puro (1912) e de La teoria generale dello Spirito come atto puro (1916) segnano due momenti di importante formalizzazione del pensiero gentiliano, consacrandone definitivamente il ruolo di intellettuale, mentre la partecipazione alla disputa sull’interventismo ne segnano l’ingresso all’interno del dibattito politico; sotto il profilo professionale Gentile continua a ricevere incarichi di docenza prestigiosi presso le maggiori università italiane, e dal 1915 è membro del Consiglio superiore della Pubblica istruzione. La sua partecipazione politica prosegue anche nel prima dopoguerra con posizioni sempre più marcate che, nel 1922 lo portano a sostenere apertamente il partito fascista: si tratta di una posizione definitiva che il filosofo siciliano porta avanti coerentemente e che non è mai messa seriamente in discussione, e che lo rende, in definitiva, l’intellettuale fascista più importante. Dal 1922 al 1924 ricopre la carica di ministro della Pubblica istruzione, carica affidatagli dallo stesso Mussolini, portando a termine, nel giro di pochi mesi un’importante riforma scolastica che, nonostante alcune modifiche apportate già dopo pochi anni, ha resistito a lungo nei suoi capisaldi principali. Rimane fedele al regime anche durante la crisi seguita all’omicidio Matteotti, e nel 1925 si fa promotore del Manifesto degli intellettuali fascisti, in cui ricollega l’esperienza politica fascista a quella risorgimentale, e lo individua come un’ancora per la salvezza morale dell’Italia: posizioni che lo allontanano definitivamente da Benedetto Croce che, invece, si schiera su posizioni antifasciste. Nel 1925 Mussolini gli affida la direzione dell’Istituto Treccani per l’Enciclopedia italiana, carica che mantiene fino al 1938, e nel 1931 è tra i promotori del Giuramento di fedeltà al fascismo imposto ai docenti universitari italiani, nel 1932 assume la direzione della Scuola Normale Superiore di Pisa. Dopo l’8 settembre del 1943 aderisce alla Repubblica Sociale Italiana, dove viene nominato presidente della Reale Accademia d’Italia; nonostante si trovi nel pieno dei travagliati momenti del conflitto, Gentile prosegue il suo lavoro e scrive Genesi e struttura della società, l’ultima opera, che viene pubblicata postuma. Il 15 aprile del 1944 Giovanni Gentile viene ucciso da alcuni gappisti fiorentini. Gli autori furono Bruno Fanciullacci e Antonio Ignesti che si avvicinarono a Gentile camuffati da studenti, nascondendo le armi sotto i libri e sparando colpi di pistola a bruciapelo.
1944 – 22 aprile: Il governo di unità nazionale. Il nuovo esecutivo, presieduto da Badoglio, si insedia a Salerno con la partecipazione di tutti i partiti del CLN.
1944 – 29 aprile: Eccidio di San Martino di Lupari. L’eccidio di Castello di Godego ( provincia di Treviso ) è una delle ultime stragi perpetrate in Italia dall’esercito tedesco, ed è una delle più efferate avvenute in quel periodo nel nord del paese. L‘eccidio costò la vita a 135 tra civili e partigiani ed ebbe luogo prevalentemente nel territorio comunale di Castello di Godego, anche se nessun godigese venne prelevato per la strage. Le vittime provenivano dai comuni limitrofi di San Giorgio in Bosco, San Martino di Lupari e Villa del Conte. Il giorno seguente l’eccidio, in località Caerano di San Marco, vennero uccise per rappresaglia 6 persone in quello conosciuto come eccidio di Stecca
1944 – 30 aprile: L’eccidio di Lippa di Elsane è stata una strage nazifascista nel villaggio di Lippa, all’epoca frazione del comune italiano di Elsane, in provincia di Fiume. Con un bilancio finale di 269 morti l’eccidio di Lippa è stata la più grande strage avvenuta nel territorio istriano. Domenica 30 aprile 1944 i partigiani della brigata Gortal lanciarono l’attacco a colpi di mortaio da 81 mm contro il caposaldo fascista di Rupa. Poche ore dopo iniziò la rappresaglia. Verso le 14:30-15:00 del pomeriggio dello stesso giorno l’insediamento di Lippa, da cui si presumeva fossero stati lanciati i colpi di mortaio, venne circondato da circa 300 soldati tedeschi e una ventina di italiani, Sotto il fuoco delle mitragliatrici, i soldati tedeschi penetrarono nel villaggio verso le ore 16:00, uccidendo chiunque si trovasse lungo la strada o nei campi vicini. I militari incendiarono ogni casa dopo averla saccheggiata, rastrellando tutta la popolazione civile, composta da anziani, donne e bambini. Arrivati alla fine del paese, i prigionieri in colonna furono costretti ad abbandonare i propri bagagli e vennero ammassati in un casolare, dove furono sterminati a colpi di mitragliatrice e con le granate. I cadaveri vennero poi ammassati e bruciati nel casolare. Al termine dell’eccidio, vennero date alle fiamme oltre 135 edifici.
1944 – 4 giugno: Liberazione di Roma.
1944 – 9 giugno: Nasce a Roma il Corpo Volontari della Libertà (CVL). Costituito per iniziativa della Commissione organizzativa e della Giunta militare del CLN centrale, ha lo scopo di uniformare e coordinare «tutte le bande e i gruppi di azione che combattono per la redenzione del paese». Il Comando generale per l’Italia occupata del CVL si insedia a Milano.
1944 – 29 giugno: Eccidio di Civitella. Strage compiuta dalle truppe naziste nelle località di Civitella in Val di Chiana, Cornia e San Pancrazio di Bucine, in provincia di Arezzo, furono uccisi 244 civili.
1944 – 4 luglio: Eccidio di Caviglia. 191 civili maschi fra i quattordici e gli ottantacinque anni vengono rastrellati, mitragliati e bruciati da reparti tedeschi specializzati della Divisione Hermann Göring nei paesi di Meleto, Castelnuovo, Massa e San Martino frazioni del comune di Caviglia in provincia di Arezzo.
1944 – 10 agosto: La strage di piazzale Loreto. A Milano, quindici prigionieri tra partigiani e antifascisti sono prelevati dal carcere di San Vittore e portati in piazzale Loreto, dove vengono fucilati da un plotone di esecuzione – formato da militi della legione Ettore Muti – per rappresaglia in seguito a un attentato antitedesco avvenuto tre giorni prima.
1944 – 12 agosto: Eccidio di Sant’Anna di Stazzema: A Sant’Anna di Stazzema si consumò uno dei più atroci crimini commessi ai danni delle popolazioni civili nel secondo dopoguerra in Italia. Nel giro di poche ore, nei borghi del piccolo paese, alla Vaccareccia, alle Case, al Moco, al Pero, ai Coletti, centinaia e centinaia di corpi rimasero a terra, senza vita, trucidati, bruciati, straziati. Quel mattino di agosto a Sant’Anna uccisero i nonni, le madri, uccisero i figli e i nipoti. Uccisero i paesani ed uccisero gli sfollati, i tanti saliti, quassù, in cerca di un rifugio dalla guerra. Uccisero Anna, l’ultima nata nel paese di appena 20 giorni, uccisero Evelina, che quel mattino aveva le doglie del parto, uccisero Genny, la giovane madre che, prima di morire, per difendere il suo piccolo Mario, scagliò il suo zoccolo in faccia al nazista che stava per spararle, uccisero il prete Innocenzo, che implorava i soldati nazisti perché risparmiassero la sua gente, uccisero gli otto fratellini Tucci, con la loro mamma. 560 ne uccisero, senza pietà in preda ad una cieca furia omicida. Indifesi, senza responsabilità, senza colpe. E poi il fuoco, a distruggere i corpi, le case, le stalle, gli animali, le masserizie. A Sant’Anna, quel giorno, uccisero l’umanità intera. La strage di Sant’Anna di Stazzema desta ancora oggi un senso di sgomento e di profonda desolazione civile e morale, poiché rappresenta una delle pagine più brutali della barbarie nazifascista, il cancro che aveva colpito l’Europa e che devastò i valori della democrazia e della tolleranza. Un oltraggio compiuto ai danni della dignità umana.
1944 – 19 agosto: Eccidio di San Terenzo Monti. Le SS del 16° battaglione, comandate da Walter Reder, trucidarono 53 uomini nella frazione di Bardine e 107 civili nel paese di San Terenzo Monti, in Lunigiana.
1944 – 23 agosto: L’eccidio del Padule di Fucecchio. Crimine di guerra commesso da un reparto della 26ª Divisione corazzata tedesca, agli ordini del generale Peter Eduard Crasemann. Nella strage, avvenuta nella vasta area pianeggiante compresa tra le province di Pistoia e Firenze, denominato Padule di Fucecchio, persero la vita 174 civili (uomini, donne e bambini).
1944 – 24 agosto: Eccidio di Vinca. I soldati dell’Aufklärungs-Abteilung 16 comandato dal maggiore Walter Reder arrivarono al paese di Vinca nella prima mattinata del 24 agosto, salendo da Monzone, mentre altre colonne accerchiarono la zona dalle valli sul versante della Garfagnana e da quello di Carrara. Un centinaio di brigatisti neri di Carrara guidarono le SS lungo i sentieri nei boschi limitrofi per trovare la popolazione civile, che vi si era rifugiata all’arrivo dei convogli; difatti, la maggior parte delle vittime si rinvenne fuori dall’abitato. Le vittime accertate furono 174.
1944 – 16 settembre: Eccidio delle Fosse del Frigido. La Strage delle Fosse del Frigido è la fucilazione di 159 prigionieri detenuti nel castello Malaspina di Massa, avvenuta lungo il letto del fiume Frigido, effettuata dalle SS in ritirata dopo lo sfondamento del fronte versiliese il 2 settembre da parte degli Alleati.
1944 – 29 settembre: Eccidio di Monte Sole. L’eccidio di Monte Sole (più noto come strage di Marzabotto, dal maggiore dei comuni colpiti) fu un insieme di stragi compiute dalle truppe naziste in Italia tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, nel territorio di Marzabotto e nelle colline di Monte Sole in provincia di Bologna, nel quadro di un’operazione di rastrellamento di vaste proporzioni diretta contro la formazione partigiana Stella Rossa operante in zona. La strage di Marzabotto è uno dei più gravi crimini di guerra contro la popolazione civile perpetrati dalle forze armate tedesche in Europa occidentale durante la Seconda guerra mondiale. Il feldmaresciallo Albert Kesselring aveva scoperto che a Marzabotto agiva con successo la brigata Stella Rossa e voleva dare un duro colpo a questa organizzazione e ai civili che la appoggiavano. Capo dell’operazione fu nominato il maggiore Walter Reder, comandante del 16° battaglione corazzato ricognitori della 16. SS-Panzergrenadier-Division Reichsführer SS, sospettato a suo tempo di essere uno tra gli assassini del cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss. La mattina del 29 settembre, prima di muovere all’attacco dei partigiani, quattro reparti delle truppe naziste, comprendenti sia SS che soldati della Wehrmacht, accerchiarono e rastrellarono una vasta area di territorio compresa tra le valli del Setta e del Reno, utilizzando anche armamenti pesanti. «Quindi – ricorda lo scrittore bolognese Federico Zardi – dalle frazioni di Panico, di Vado, di Quercia, di Grizzana, di Pioppe di Salvaro e della periferia del capoluogo le truppe si mossero all’assalto delle abitazioni, delle cascine, delle scuole», e fecero terra bruciata di tutto e di tutti.Nella frazione di Casaglia di Monte Sole, la popolazione atterrita si rifugiò nella chiesa di Santa Maria Assunta, raccogliendosi in preghiera. Irruppero i tedeschi, uccidendo con una raffica di mitragliatrice il sacerdote, don Ubaldo Marchioni, e tre anziani. Le altre persone, raccolte nel cimitero, furono mitragliate: 195 vittime, di 28 famiglie diverse tra le quali 50 bambini. Fu l’inizio della strage. Ogni località, ogni frazione, ogni casolare fu setacciato dai soldati nazisti e non fu risparmiato nessuno. La violenza dell’eccidio fu inusitata: alla fine dell’inverno fu ritrovato sotto la neve il corpo decapitato del parroco Giovanni Fornasini. Fra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944, dopo sei giorni di violenze, il bilancio delle vittime civili si presentava spaventoso: oltre 800 morti. Le voci che immediatamente cominciarono a circolare relative all’eccidio furono negate dalle autorità fasciste della zona; solo dopo la Liberazione lentamente cominciò a delinearsi l’entità del massacro. « La nostra pietà per loro significhi che tutti gli uomini e le donne sappiano vigilare perché mai più il nazifascismo risorga. »(Lapide del cimitero di Casaglia)
1945 – aprile: La Liberazione. Tutte le grandi città del Nord sono liberate dai tedeschi. Sfondata la Linea Gotica, il 21 gli Alleati arrivano a Bologna, dove la liberazione della città è già in atto a opera dei partigiani. Lo stesso accade a Genova, liberata fra il 23 e il 28 aprile. Il 25 a Milano il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) emana l’ordine di insurrezione generale; a Torino l’insurrezione scoppia il 26; Trieste insorge il 29 ed è subito occupata dai partigiani jugoslavi. Gli Alleati arrivano in città il 2 maggio. Il 28 aprile Mussolini viene fucilato. Il 29 aprile i cadaveri di Mussolini, di Claretta Petacci e di alcuni fra i principali gerarchi fascisti vengono esposti a Milano in Piazzale Loreto.