PUBBLICHIAMO DUE RICERCHE DELLE STUDENTESSE
Elisa Mutti e Elisa Forte Classe 3aB anno scolastico 2022
La resistenza partigiana a Serravalle Scrivia
I gruppi partigiani nel Nord d’Italia furono molti e anche qui da noi si svilupparono
importanti centri di resistenza. In particolare, è bene ricordare la Benedicta, antico
convento in rovina trasformato in cascinale, dove, tra l’alba del 6 aprile e il 15 aprile
1944 ci fu un vero e proprio eccidio che causò la morte di oltre 147 persone, tra cui
19 di Serravalle, e la deportazione di circa 400 partigiani nei campi di
concentramento tedeschi, di cui meno di 200 fecero ritorno. Infatti, gli esponenti
dell’antifascismo genovese furono tra i più attivi organizzatori della Resistenza e
delle formazioni partigiane anche sul versante alessandrino dell’Appennino. L’area
compresa tra la Valle Stura e la Valle Scrivia fu scelta come centro di raccolta e
addestramento delle reclute partigiane perché aveva, da un punto di vista strategico,
una duplice caratteristica: da un lato era assai povera di strade interne e
caratterizzata da una enorme e intricata distesa di boschi che potevano offrire una
certa sicurezza alle bande; dall’altra era posta alle spalle di arterie di comunicazione
di rilievo strategico, come importanti nodi ferroviari, che potevano diventare
l’obiettivo di azioni di disturbo e di offesa da parte delle formazioni dislocate sulle
alture liguri-alessandrine. Le difficoltà incontrate dai partigiani all’atto di insediarsi nel
settore operativo erano molte, per esempio la distanza tra una cascina e l’altra
intralciava il regolare approvvigionamento dei vari distaccamenti impedendo
all’intendenza, organo direttivo e periferico, di fornire con regolarità un pasto a tutti
gli effettivi: spesso i partigiani riuscivano a rimediare solo un po’ di castagne e di
brodaglia e, forse, neppure questo sarebbe stato possibile senza la collaborazione
dei contadini, che dividevano con i “ribelli” il proprio scarso cibo. L’altro nemico era il
freddo dell’inverno appenninico, i cui rigori non potevano essere mitigati dal povero
corredo di vestiti e coperte. Nonostante le difficoltà, i partigiani riuscirono in qualche
modo a qualificare più concretamente la loro presenza soprattutto con colpi
intimidatori contro i fascisti locali, anche se l’armamento dei gruppi continuava ad
essere assolutamente inadeguato per le azioni di guerriglia, infatti meno della metà
degli uomini poteva disporre di un’arma, per lo più scarsamente efficiente e con
pochi colpi a disposizione. A questa difficoltà si sperava di rimediare con i lanci
promessi dagli alleati, ma essi tardarono a venire anche perché gli anglo-americani
erano impegnati ad armare e rifornire una formazione di comunisti. Neppure il poco
consistente aviolancio di marzo, giunto dopo lunga attesa, modificò di molto la
situazione. Il rastrellamento, avvenuto tra l’alba del 6 aprile e la fine dello stesso
mese, fu preparato meticolosamente e si inserì in un vasto piano di repressione del
movimento partigiano che i nazisti misero in atto. Il rastrellamento scoppiò
improvviso e i nazifascisti attaccarono in forze. I gruppi più organizzati tentarono di
rispondere all’attacco, ma la maggior parte dei partigiani ebbe solo il tempo di
nascondersi alla meglio, sperando di non cadere nelle mani dei rastrellatori. Si trattò
dell’azione anti partigiana più significativa di quel periodo, ed assunse un significato
non solo di attacco contro i giovani in armi ma anche di deliberato terrore nei
confronti delle popolazioni civili, nel tentativo di rompere quella catena di solidarietà
che aveva portato i giovani in montagna e stava diventando uno dei punti di forza
della nascente organizzazione di resistenza. L’azione nazifascista che aveva
l’obiettivo di annientare lo schieramento partigiano e incutere il terrore tra la
popolazione civile sortì l’effetto opposto, trasformando in ostilità e in odio aperto la
diffidenza già diffusa nei confronti dei repubblichini e delle truppe tedesche. Ormai
non c’erano più dubbi su chi fosse il nemico. Così, contrariamente a quanto
speravano i comandi germanici, i mesi successivi alla strage segnarono la graduale
riscossa del fronte partigiano. Infatti, ben presto i tedeschi e i fascisti si accorsero di
avere fatto con i partigiani della Benedicta conti sbagliati. Rispettare la volontà e
continuare quel glorioso cammino che il nazismo aveva creduto di interrompere per
sempre nell’aprile 1944, era la strada giusta per stare vicini ai martiri della
Benedicta.
Nel 1996 il Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, ha conferito alla
Provincia di Alessandria la Medaglia d’Oro al Valore Militare per l’attività partigiana,
con una motivazione che fa espresso riferimento all’Eccidio della Benedicta come
evento emblematico della Resistenza del nostro territorio. Tre sono stati i Capi dello
Stato che si sono recati in visita ufficiale al Sacrario e nei luoghi della strage per
rendere omaggio ai Caduti della Benedicta: Giuseppe Saragat, Sandro Pertini e
Carlo Azeglio Ciampi.
Elisa Mutti
Mario Berthoud
Berthoud è nato a Serravalle Scrivia nel 1905.
Lui era un giovane ragazzo allegro, alto e molto magro.
Mario Berthoud era un calzolaio e, dopo la “marcia su Roma”, divenne
uno dei sostenitori dell’antifascismo più attivi a Serravalle, infatti, non
potendo fare il partigiano per il suo fisico inadatto, il laboratorio di
calzoleria divenne un rifugio e un posto di ritrovo per i partigiani.
Nel 1931 Berthoud venne imprigionato e processato dal Tribunale
speciale, venne condannato a tre anni in prigione.
Anche dopo essere stato in prigione non rinunciò alle sue idee e quando il
fascismo cadde Berthoud entrò nella Resistenza. Nel 1944 fondò il
“Comitato di Liberazione Nazionale di Serravalle Scrivia”.
Dopo la nomina di commissario politico delle formazioni garibaldine, i
tedeschi lo scoprirono e lo portarono a Genova nel penitenziario di
Marassi.
Venne poi trasferito alla “Casa dello studente” dove la Gestapo, la polizia
segreta della Germania nazista, lo interrogò e lo torturò ma nonostante le
scosse elettriche e le ossa rotte Mario Berthoud resistette e non tradì i
partigiani.
Berthoud muore in una cella di Marassi il 29 gennaio 1945 a causa delle
torture da parte dei nazifascisti.
Venne poi sepolto in segreto nel cimitero di Staglieno.
Per onorare la sua lealtà gli vennero dedicati: la via principale di
Serravalle Scrivia, una stele nei giardini pubblici e la sezione locale
dell’ANPI.
Elisa Forte
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In occasione del 30° anniversario della Repubblica, nell’aprile del 1976, l’Amministrazione Comunale di Serravalle Scrivia organizzava una serie di eventi commemorativi di spessore, il sindaco in carica era il socialista Michelangelo Grosso .
Erano previsti incontri con le classi di III media con la prof. Lidia Rolfi dell’Associazione Nazionale Deportati, un viaggio degli studenti a Marzabotto, un dibattito con il sen. Maris su “Repubblica e Costituzione: riforma della società e dello Stato” e altro ancora.
Nell’occasione è stato pubblicato un libretto riepilogativo che conteneva un resoconto dell’attività partigiana in paese.
Lo riproduciamo nella sua edizione originale